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In Montagna
La deontologia dell’andar per monti
Chi va in montagna sceglie di norma per la propria “avventura montana” un terreno incontaminato e precedentemente utilizzato, in casi fortunati, solo da pastori o cacciatori, per cui ci si aspetta di trovare pochissime tracce di antropizzazione, fra i quali una segnaletica utilissima, ma il più possibile discreta.
Su questo aspetto è utile ricordare, a chi si appresta a segnare un nuovo sentiero, quanto asserito da Spiro Dalla Porta Xidias, uno dei padri del C.A.I.: «La segnaletica sui sentieri toglie il gusto dell’avventura. Ciò nonostante, almeno sui principali sentieri, questa è necessaria per invitare gli escursionisti meno esperti a camminare con maggiore sicurezza. Facciamo in modo che questa non sia invasiva.»
Tra le indicazioni utili che vogliamo ribadire vi è quella di “seguire il sentiero”, evitando di creare nuove tracce che, oltre a poter confondere altri escursionisti, possono creare danni alla “cotica superficiale” del terreno che, soprattutto in quota, è maggiormente soggetta a delicati equilibri.
Difatti il calpestamento ripetuto, durante il periodo primaverile-estivo, danneggia la modesta vegetazione, poi le piogge e i venti autunnali ed invernali asportano tale cotica oramai quasi priva di radici, attivando processi di erosione. Si assiste inoltre alla scomparsa di alcune specie di piante “perdenti”, sostituite da altre specie “opportuniste”. 
 
Ricordatevi che siamo ospiti 
Anche il parlare a voce alta può disturbare l’ambiente e spaventare gli animali selvatici i quali, specie sui percorsi più frequentati, sono portati ad abbandonare definitivamente la zona impauriti. È indispensabile l’uso di un binocolo e di teleobiettivi per una migliore osservazione delle varie specie. Non modificare i normali processi della vegetazione, estirpando o danneggiando piante, raccogliendo fiori, accendendo fuochi, facendo rotolare inutilmente sassi. Chi, in seguito, percorrerà il sentiero non deve accorgersi del nostro passaggio.
 
Non abbandonare carta, rifiuti ed oggetti!
Immaginarsi il piacere che può provare un amante della natura nel momento in cui, lungo il sentiero che percorre, si imbatte nei resti della vostra colazione! Con un nostro gesto di insensibilità possiamo modificare il paesaggio togliendogli quel fascino di selvaggio che gli era proprio. Tanto più il nostro gruppo è numeroso, tanto maggiore è il disturbo e l’inquinamento che può creare durante l’escursione. 
L’escursionista ed i suoi rifiuti
Erroneamente molti escursionisti pensano che non sia un problema lasciare in giro le bucce della frutta od altri residui di cibo, in quanto essendo sostanze organiche, sono considerate non inquinanti perché biodegradabili. Nulla di più sbagliato! 
Meditiamo prima sui tempi del loro degrado.
 
La lunga vita dei rifiuti
Tovagliolo di carta da 2 a 4 settimane. Fazzolettino di carta da 2 a 3 mesi. Scatola di cartone, non colorata: 2 mesi. Tetrapack latte o succhi di frutta: 3 mesi. Carta plastificata di involucri da 4 a 5 anni. Gomma da masticare, 5 anni. Pacchetto di sigarette da 10 a 20 anni. Giornale quotidiano: 6 settimane. Rivista non patinata da 4 a 10 mesi. Rivista carta patinata da 8 a 12 mesi. Mozzicone di sigaretta senza filtro: 3 mesi. Fiammifero da 6 a 10 mesi. Scatoletta di banda stagnata: 50 anni. Anelli di plastica fermalattine: 450 anni. Materiali di plastica da 200 a 1000 anni: Bicchieri trasparenti di PS polistirolo; Buste, piatti e tappi di PE polietilene;  Vasetti e bicchieri di PP polipropilene; Flaconi, carte telefoniche di PVC cloruro di polivinile; Bottiglie e bicchieri di PET polietilen-tereftalato; Cd/Dvd di PC policarbonato metacrilato; Scheda telefonica. 
 
          

 
Il rispetto dell’equilibrio biologico-alimentare degli animali
Torniamo ai rifiuti organici abbandonati: Gli animali selvatici sono per lo più opportunisti e sanno adattarsi velocemente all’ambiente in cui vivono imparando dove trovare cibo a buon mercato, compreso ovviamente quello di origine antropica. Alcuni animali vivono naturalmente ai margini dei territori degli individui dominanti ed hanno imparato a conviverci (vedi in particolare le volpi). Alla lunga ciò può costituire per loro, una condanna.
 
L’orsa Yoga del Parco Nazionale d’Abruzzo
È facile ritenere che quest’orsa, avendo ripetutamente ricevuto cibo dai turisti, fosse diventata molto confidente al punto da frequentare persino campeggi e cantine isolate, cibandosi di cocomeri e caciocavalli. Pur essendo Yoga la beniamina dei turisti, la sua vita non era altro che una versione tristemente reale dell’orso Yoghi (da cui il nome). Il problema divenne ancor più serio quando l’orsa perse qualsiasi remora ed iniziò a bazzicare i paesi, al punto che la sua presenza per le strade divenne molto frequente, arrecando danni e rappresentando un possibile pericolo per le persone.
Nonostante l’instancabile monitoraggio del personale del Parco, dopo tante polemiche e titubanze, fu deciso di catturarla; adesso Yoga si trova nell’area faunistica di Villavallelonga, in un recinto. Bella fine! 
La storia si è ripetuta nel 2002 tragicamente con un’altra orsa confidente Serena: il radiocollare è stato ritrovato, ma non il suo corpo. Ed ancora con Bernardo nell’autunno 2007,  barbaramente assassinato.
 
Di chi è la colpa di tutto questo?
Gli orsi “viziati” si sono semplicemente comportati da animali opportunisti. L’uomo, invece, con i suoi comportamenti dettati dalla faciloneria e dall’ignoranza, è responsabile del procurato pericolo alla comunità oltre che della triste fine di animali selvatici.
 
Gli animali selvatici dei nostri monti, fiutato a distanza qualcosa, abbandonano gli itinerari abituali con i conseguenti rischi di divenire oggetto di attenzione di bracconieri. Assaggiato poi un alimento nuovo, gradito e “a disposizione”, continueranno a cercarlo dovunque riducendo il loro istinto di procurarsi il cibo da soli. Nelle zone fortemente frequentate da escursionisti “scorretti” il problema può diventare serio; anche un alimento occasionalmente abbandonato e quindi indirettamente “offerto” all’animale selvatico che vive lontano dagli insediamenti umani rappresenta per lo stesso un cambiamento di alimentazione e di abitudini: non conosciamo esattamente cosa potrebbe, nel tempo, comportare tale comportamento.
Dare volutamente da mangiare agli animali selvatici o anche soltanto lasciare dei resti è, quindi, sbagliato. Gli animali che vivono vicino all’uomo già autonomamente sono portati a cercare cibo nelle discariche e rovistare nei cassonetti; evitiamo, quindi, di aggravare le cose portando loro il cibo anche in montagna!
 
Soluzione
Porta sempre una busta ed un guanto (ricicla quelli dei reparti di ortofrutta dei supermercati) per raccogliere - senza troppi commenti - i residui delle “merende” di TUTTI i nostri escursionisti!
Questa tua azione silenziosa varrà più di tante parole!
 
Non lasciare altro che l’impronta del tuo piede
Non portar via null’altro che foto, impressioni e ricordi.
 
Maggiore attenzione
e buona montagna a tutti
 
 
 
 
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